E quando dico Derby parlo di quello di via Monterosa…
Voglio provare a spiegare ai non milanesi cosa è stato e cosa ha rappresentato il Derby per la storia del costume , della comicità e del contesto sociale di una città e, forse , per tutta l’Italia.
d’altronde, si sa, i Milanesi sono bauscia, per cui vale l’equazione Italia = Milano + qualcos’altro che non ricordo…
Cos’era il Derby
Il Derby era un “tabarin”, un locale per tiratardi, che apre in Viale Monterosa , 86 in zona San Siro.
La vecchia osteria a San Siro si chiamava Gi-Go, poi Whisky a gogò.
I titolari, Gianni e Angela Bongiovanni, scommettono sulla Milano del boom operaio, dei nottambuli nei night e del jazz. L’investimento è di quelli importanti: 120 milioni di lire. Scommettono, ma il locale non tira.
È Angela, allora, a suggerire al Bongio «facciamo un posto dove si beve e si ascolta buona musica». Ha così inizio la Dolce vita di Milano. Il ristorante diventa il Derby, un omaggio agli scommettitori dell’Ippodromo. È il 1962.
La musica live, si direbbe oggi, ha nel tempo i nomi di Enrico Intra e Franco Cerri. Un giovane chirurgo, Vincenzo Jannacci, canta di un cane con i capelli e improvvisa con Dario Fo. Fanno tappa qui Charles Aznavour, John Coltrane e Quincy Jones.
Sui puff neri prendono posto il Charlie Krupp delle acciaierie e il miliardario Rocky Agusta, Mina e Alberto Lupo, Renato Rascel e Walter Chiari, Mastroianni e le Kessler. Francis Turatello si gode lo spettacolo con madre al seguito.
Insomma, avete capito, c’era tutta la Milano degli anni ’60, quella che aveva un cuore, un’anima e un’identità.
SE VI MANCASSE QUALCHE PEZZO
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Il Derby e la scuola milanese
Già, ride anche la Milano della mala, al Derby. Cinque numeri a sera, mezz’ora l’uno. La direzione ha per un decennio il Gruppo motore formato da Enzo Jannacci, Cochi e Renato, Lino Toffolo, Lauzi e Andreasi.
Al Derby nasceva e si consacravano talenti come I Gatti di Vicolo Miracoli, Faletti, Iacchetti… Enrico Beruschi va al Derby tutte le sere a raccontare le barzellette ai comici, finché qualcuno lo butta sul palco. È un successo. Francesco Salvi debutta con un sacco della spazzatura in testa: non ride nessuno. Diego Abatantuono al Derby è «a casa». Non per altro: il Bongio è suo zio e Rosa, la guardarobiera, sua madre.
Diego, grande Diego, immenso Diego: un caposaldo della “milanesità terrona”, praticamente il ruvido perfetto se non ci fosse quel suo problema di fede calcistica…
DIEGO FOREVER
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Dal Derby allo Zelig
Nel 1981 il Bongiovanni ci lascia e, purtroppo, anche la sua creatura chiude i battenti nel 1985.
La sua eredità viene raccolta l’anno successivo dallo Zelig, frutto della collaborazione creativa di Gabriele Salvatores, Gino e Michele e il motore riparte, sfornando la nuova generazione di cabarettisti, fra cui Antonio Albanese, Aldo Giovanni e Giacomo, Gioele Dix, Gene Gnocchi, Maurizio Milani e Dario Vergassola.
Nel decennale dell’apertura, il passaggio sugli schermi Mediaset e, da qui in poi, il trionfo…
Ma non vi manca qualcosa?
Il mio problema che non riesco più a ridere come una volta: più il palco diventa enorme, più la comicità si stempera e la risata si diluisce.
È finita un epoca o sono solo io che conosco il finale di tutte le barzellette?
Ci sarà un altro Derby o il destino ci riserva solo Frank Matano?
ABOUT FRANK
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