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Paninari, una storia italiana

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Tutti conoscono i Paninari, anche i millennials,anche solo per sentito dire.
Il che, per un fenomeno giovanile, perchè tale è stato, non mi sembra poco e comunque significa che una certa incidenza sulla storia del costume i Paninari l’hanno avuta.
Ma queste sono considerazioni di fredda sociologia spicciola che non rientrano nel mio racconto.
Io vorrei cercare di farvi rivivere le emozioni che si vivevano in quei magici anni’80, quando il Ruvido aveva vent’anni e il mondo gli sembrava una grande pizza margherita con annessa media chiara.

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L’origine dei Paninari

Facciamo un passo indietro, tanto per chiarire meglio il contesto.

Venivamo dagli anni’ 70, i cosiddetti “anni di piombo”,che, per carità, visti da lontano possono anche sembrare bellissimi e, probabilmente, se vivevi a New York con lo Studio 54 e la Factory di Andy lo erano sicuramente, ma in Italia in generale e a Milano in particolare, non erano il massimo per un ragazzo che doveva convivere con violenza, estremismo politico, droga ovunque e divieti imposti dai genitori per presunti o veri pericoli.

Era impossibile andare ad un concerto senza prendersi un fumogeno o una manganellata, così, per dire…

milano anni di piombo

Dopo tanti anni di compressione forzata qualcosa doveva pur succedere.

Gli eredi o presunti eredi degli ormai estinti “Sanbabilini” (ragazzi e ragazze di destra che si riunivano in Piazza San Babila a Milano) cominciarono a ritrovarsi in Piazza del Liberty, a poche centinaia di metri, quindi, in corrispondenza di un bar/paninoteca ,”il Panino” che diede origine al nome della banda.

Correva più o meno l’anno di grazia 1978 e andavano di moda la Zundapp e le moto da regolarità, ma di questo vi ho già fatto due palle così in precedenza.

Sta di fatto che i primi paninari cavalcavano quelle belve lì, in particolar modo la famosa Zundapp: questa è l’origine di una leggenda.

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Burghy e i Wild Boys

La storia dice che negli anni ’80 si affermò il famoso “edonismo reaganiano”, nato come una sorta di ribellione al pauperismo/impegno politico del decennio precedente, permeato di superficialità e ridondanza: voi prendetene atto e fate finta di aver capito.

La cosa importante è che nel 1981 apre Burghy, il primo hamburgaro italiano (incredibile, McDonald’s non era presente sul territorio) e diventa subito super trendy, per cui i paninari si trasferiscono in massa lì, da dove in fondo tutto era cominciato anni prima: Piazza San Babila a Milano.

Burghy

Anche la musica è cambiata, nascono la new wave, il post punk e i new romantics, fra i quali giganteggiano i Duran Duran, uno dei gruppi preferiti dai Paninari, che eleggono  “wild boys” il loro inno nazionale.

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Nel frattempo ci pensano il “Drive In” con il personaggio di Braschi e il fumetto omonimo, a rendere il paninaro un personaggio nazionale e a diffondere la moda in tutta l’Italia.

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PER SENTIRSI ANCORA WILD BOYS

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Il look dei paninari

Gli anni ’80 furono la consacrazione del look, della moda e il trionfo dell’esteriorità, quindi era normale che i ragazzi del Panino, come, peraltro, tutti i movimenti giovanili, avessero una divisa che li rendeva riconoscibili.

Per chi, come me, bazzicava l’ambiente, era essenziale il mantenimento di un look piuttosto elaborato, che non poteva prescindere da alcuni capisaldi:

L’outfit: piumini Moncler, jeans Americanino o Roy Rogers, felpe Best Company, giubbotti Schott, cinture El Charro, Timberland ai piedi, bomber Alpha, polo Lacoste tanto per citare l’attrezzatura principale

L’abbronzatura: boom dei centri U.V.A. e delle creme autoabbronzanti, perchè il “bronzo potente” era un must.

Fisico atletico, o almeno ci si provava, basta vedere le foto d’epoca…ma comunque il Paninaro era tosto, un “vero gallo”

Il ferro, cioè la moto, della quale abbiamo già parlato, che, per il paninaro D.O.C. più in là con gli anni si trasformava in una Renegade dall’aspetto aggressivo.

Per le ragazze, tutto questo più l’immancabile borsa Naj Oleari.

Insomma, ‘na faticaccia essere paninari…

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RIFATEVI IL GUARDAROBA!

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Ma i Paninari erano di destra?

In Italia abbiamo questo vizio insopprimibile di catalogare tutto in base alle categorie destra e sinistra, ma in questo caso la domanda può essere legittima.

In quanto eredi dei Sanbabilini sarebbe normale considerarli di destra, visti anche i comportamenti e i valori condivisi dalla tribù, ma c’è un grosso distinguo da considerare.

Erano gli anni ’80, ve l’ho già detto, imperava la leggerezza, una certa diffusa superficialità che era la legittima reazione ad un decennio abbondante che aveva coperto l’Italia come una cortina di piombo.

Posso dirlo? la politica aveva rotto i coglioni e ” boys just want to have fun” ( come diceva Cindy Lauper) per cui la connotazione destra/sinistra non era più necessaria ed ineliminabile.

Vi posso dire per certo che la maggior parte dei Paninari non sapeva neanche cosa volesse dire veramente essere di destra e tutto quello che i ragazzi volevano, appunto, era divertimento e identificazione in un gruppo.

Che, giova ricordarlo, fu l’unico fenomeno giovanile totalmente e integralmente made in Italy, nonostante il look attingesse abbondantemente dagli States.

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Paninari forever

Tutte queste bande giovanili si vaporizzano normalmente in qualche anno, ma i Paninari non si sono mai arresi, non demordono e ancora oggi ostentano, con i capelli grigi, l’outfit originale che, nel frattempo, ha fatto il giro ed è tornato di moda, anche perchè, in realtà non se ne è mai andato.

Dal 1980 in poi il cambiamento della moda è stato enorme, ma alcuni capisaldi, come le Timberland o lo Schott, beh, sono diventati una seconda pelle e anche le generazioni successive li hanno adottati, anche se visti con ottiche diverse, nell’outfit quotidiano, come simboli dell’essere  “wild boys”.

Ma soprattutto, per fortuna, la voglia di divertirci non ci ha più abbandonati…

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FATEVI UNA CULTURA…

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