Sembra che l’Italia e gli Italiani si siano dimenticati di Lino Ventura.
Eppure uno come lui a Hollywood avrebbe vinto almeno tre Oscar e, non per niente, ha dovuto fare carriera all’estero.
Forse il ruolo, forse la fisicità, ma un grande attore come lui non ha mai trovato spazio nel cinema di casa nostra.
Lino Ventura, orgogliosamente italiano
Angiolino Giuseppe Pasquale Ventura a tutti gli effetti era un macaronì, come simpaticamente ci hanno sempre definiti i cugini d’oltralpe.
Ragazzo del 1919, emigrato a Parigi a otto anni con la famiglia, si distingue durante l’occupazione tedesca come maquis, partigiano, insomma.
Cioè lotta per la liberazione di quegli stessi Francesi che lo avevano ampiamente emarginato, tanto per non smentirsi…
Si fa strada dopo la guerra con le sue mani , letteralmente, diventando campione europeo di lotta greco-romana.
E già questo me lo rende simpatico…
Una filmografia impressionante
I suoi esordi nel cinema dipendono dal regista Jacques Becker che nota questo aitante ragazzone dalla faccia da eroe popolare e lo inerisce nel cast di Grisbì, stupenda crime story con Jean Gabin del 1953.
Da lì in poi Lino Ventura entra nel cuore dei Francesi per restarci nel ruolo un po’ stereotipato del duro dal cuore tenero, con mille sfaccettature e un’umanità unica, tutta italiana.
Fra le sue numerosissime (75) interpretazioni, spiccano Ascensore per il patibolo di Louis Malle, Asfalto che scotta di Claude Sautet, Il clan dei siciliani di Henri Verneuil Una donna e una canaglia regia di Claude Lelouch.
Lino entra a far parte del gotha del cinema francese, come Alain Delon, Jean-Paul Belmondo e Jean Gabin, amato sia dal pubblico che dalla critica.
Nemo propheta in patria
l’Italia si accorge di lui molto tardi, come spesso accade.
Ma lascia il segno, con due interpretazioni eccezionali Cadaveri eccellenti, regia di Francesco Rosi nel 1976 e Cento giorni a Palermo, di Giuseppe Ferrara.
Nonostante questo ostracismo, dovuto forse al suo carattere ruvido e al suo non allineamento con un certo conformismo di casa nostra. non rinunciò mai alla cittadinanza italiana.
Forse per questo attaccamento alla bandiera, forse perchè mio papà era un suo fan sfegatato, io Lino non l’ho mai dimenticato.
Muore a 68 anni proprio quando stava per girare I giorni del Commissario Ambrosio di Luigi Corbucci.
Un uomo non comune, un grande attore “di genere” quasi del tutto caduto nell’oblio da parte dei coloni della critica italiana.
Eppure era uno che faceva la differenza…
