C’è un attore che rappresenta al meglio l’italiano medio del secondo dopoguerra, quel magico periodo che comincia dalle macerie, passando per il boom, il sessantotto e approda ai rutilanti anni’80: il suo nome è Ugo Tognazzi.
Come Alberto Sordi è l’incarnazione della romanità, Totò dello spirito partenopeo, Ugo Tognazzi rappresenta l’anima lombarda, non milanese, più provinciale,senza essere dialettale, che lo qualificò anche in Europa.
Io, chissà perchè, in lui rivedevo mio papà.
Forse per una certa somiglianza fisica, forse per la naturale eleganza direi classica, sartoriale, ma anche per l’approccio alla vita dei personaggi dei suoi film: l’arte di arrangiarsi dell’italiano qualunque nelle disavventure e negli eccessi di quegli anni così agitati.
Ugo Tognazzi, braccia rubate agli insaccati.
Ugo nasce a Cremona nel 1922, gira l’Italia col padre finché, nel ’36, ritornato nella città natale trova lavoro alla Negroni (per chi non lo sapesse noto salumificio…), dove recita nella filodrammatica aziendale.
Dopo la guerra, il grande salto a Milano, dove viene scritturato dalla compagnia di Wanda Osiris (per i millenials, nota soubrette, cioè cantante/ballerina, una superstar dell’epoca).
Si dice che alla “prima” venne a teatro il patron della Negroni, che, dopo lo spettacolo, gli lasciò un biglietto con un messaggio incoraggiante: “torna ai salami”.
Grazie a Dio Tognazzi non segue il consiglio, perchè nel 1950 è nel cast del suo primo film con Walter Chiari e l’anno dopo incontra Raimondo Vianello, formando una coppia comica indimenticabile, che dal 1954 al 1960 sfidò la potentissima censura democristiana sulla Rai, ovvero unica rete televisiva allora in onda.
Nel 1960 la fecero davvero grossa con una innocente gag sull’allora presidente Gronchi e la trasmissione fu chiusa, per sempre.
Altri tempi? No? Vabbè, lasciamo perdere!
Il principe della commedia all’italiana
La coppia si scioglie e Ugo Tognazzi prende decisamente la via del cinema che in quegli anni cerca canoni espressivi alternativi al neorealismo, forse più commerciali.
Ecco, Tognazzi rappresenta il punto di contatto fra la commedia e il cinema d’autore italiano.
Ha recitato con i migliori: Dino Risi (“la Marcia su Roma“), Alberto Bevilacqua (“La Califfa“, “Questa specie di Amore“), Carlo Lizzani (“La vita agra“) per culminare la carriera con “La Grande Abbuffata” di Marco Ferreri e “La tragedia di un uomo ridicolo” di Bernardo Bertolucci con cui trionfò a Cannes.
Questo senza dimenticare Pietro Germi, Mario Monicelli e tutti i grandissimi artigiani della commedia all’italiana.
E soprattutto il suo capolavoro assoluto…
Il Conte Lello Mascetti
Credo che ogni ruvido che si rispetti abbia nel cuore “Amici Miei” e, sì, dai, anche “Amici Miei atto II°”.
Per tutti noi , ragazzi degli anni’60, rappresenta un testo sacro, uno stile di vita oltre che una fonte di ispirazione…se non ci capiamo vuol dire che:
A) non avete visto “Amici Miei”, che è quasi impossibile…
B) dovete correre a rivederlo, perchè vi siete allontanati troppo dalla “Via” e vi siete persi.
Tertium non datur.
Ugo Tognazzi contribuisce in modo determinante al successo dell’opera di Monicelli con un personaggio a tutto tondo di nobile toscano decaduto, con ironia, leggerezza, ferocia e una classe che soltanto lui poteva avere così naturale.
Come si fa a non definirlo un capolavoro?
FATEVI UNA CULTURA
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Ugo Tognazzi, il bon vivant
Diciamocelo, chi non avrebbe voluto essere Ugo Tognazzi?
Sempre devoto a Venere e a Bacco, ma con misura e buon gusto, elegante, raffinato, ironico e, last but not least, come dire? benestante.
Fin da giovane, nonostante il fisico,non certo atletico, è sempre stato un appassionato, con grande successo, dell’universo femminile.
Questo non gli ha impedito di creare una grande “famiglia allargata” che riempiva la sua vita di tanto calore umano.
Il tutto senza prendersi sul serio, ricordate “Il Male“?
Del suo amore per la buona cucina e delle sue capacità gastronomiche fra i fornelli tanto si è detto e scritto, fino a renderlo un punto di riferimento della nostra arte culinaria molto prima dei masterchef di oggi.
Molto, ma molto più elegante di Bruno Barbieri, e senza sponsor…
UN PO’ DI SHOPPING…
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