Correva l’anno 1974, Terence Hill e Bud Spencer erano all’apice del loro successo e sul grande schermo faceva la sua apparizione “Altrimenti ci Arrabbiamo”: così nacque la mia breve ma intensa storia d’amore con la Dune Buggy.
Avevo 13 anni, troppo pochi per sapere che 6 anni prima Steve l’aveva resa immortale nel “Caso Thomas Crown”.
Una tipica creatura made in USA
Gli americani si sa sono dei bambinoni che se ne inventano sempre una nuova per divertirsi.
Da questo nasce negli anni ’30 il fenomeno dune buggy: correre e divertirsi sulle dune della California, prima e dopo il surf.
Le antenate erano degli accrocchi assemblati con pezzi di motozappe, telai malconcI di Ford T e gomme larghe e sgonfie o tini di legno.
Negli anni ’50 e ’60 il fenomeno crebbe mescolandosi con i prototipi hot rod, includendo potentissimi motori 8V e accessori estremi.
La vera dune buggy nacque però con l’arrivo sul mercato USA del maggiolino che aveva un telaio ideale per andare sulla sabbia.
Il Beetle divenne quindi la base ideale (ed economica) per le dune buggy di nuova generazione, semplicemente spogliandolo dalla carrozzeria.
Poi venne Bruce Meyers, detto Beach Boy, e tutto cambiò.
Bruce Meyers, the Beach Boy e la Dune Buggy
Beach boy dapprima e disegnatore di scafi in vetroresina poi, Meyers decise di dare una carrozzeria agli accrocchi che venivano usati per volare sulle dune.
Il risultato fu eccezionale: la sua “Manx” nel 1964 creò nell’immaginario collettivo l’idea di dune buggy allo stato dell’arte: motore scoperto, gomme larghe e fari esterni, fiancate ad onda, niente porte né cofani.
La Manx divenne presto un simbolo di libertà in un periodo dove la rottura degli schemi era diventato uno stile di vita mondiale.
Solo negli USA ne circolavano otre ventimila e molti costruttori europei si misero in testa di copiare l’idea, con dei kit di customizzazione per maggiolini ormai da ricovero.
La dune buggy di “Altrimenti ci Arrabbiamo”
E qui veniamo al giovane Ruvido che nel 1974, col ritardo tipico del vecchio continente, scopre la bellezza intrinseca nell’ignoranza della dune buggy.
“Altrimenti ci arrabbiamo” non ha vinto né Oscar né Golden Globe, ma è un film che occupa un posto ben preciso nella memoria dei ragazzi degli anni ’60.
La sua mirabile colonna sonora, i suoi personaggi, Terence e Bud, le scazzottate e la Dune Buggy, prodotta dall’italiana Puma su base maggiolino, restano nell’iconografia di quegli anni dorati.
Sì perche le Dune buggy venivano prodotte anche in Italia da diverse aziende, fra le quai la Puma, azienda romana di Adriano Gatto, leader del settore.
La storia della Puma passa per tre decadi, dal 1968 al 1993 e per numerose automobili avventurose e fuori dagli schemi, comprese delle sportive, con la carrozzeria in vetroresina.
Cosa resterà della Dune Buggy?
L’epopea della pulce da spiaggia si conclude con la crisi petrolifera e l’aumento dei prezzi del carburante, soprattutto in Europa.
Poi le mode passano e la gente dimentica, ma, come vi ho sempre detto, la miseria intellettuale dei giorni nostri riporta in vita tutto il passato.
Nel 2019 Volkswagen ha riesumato l’idea e presentato un prototipo di Dune Buggy 3.0 a trazione integrale e, naturalmente, elettrica plug-i,, una bestia da 150 cavalli.
Inutile dire che, qualora mai andasse in produzione, un oggettino del genere supererebbe i 50.000 euro.
Non ci siamo, decisamente non ci siamo…
Compratevi una bella Buggy usata e tenetela bene, vi costerà sui 12.000 euri e vi darà delle vibrazioni impagabili…
