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Ridateci il Ciao, lo scooter di tre generazioni

il ciao

Sarò un nostalgico, sarà retrotopia, chiamatela come volete, ma io mi guardo intorno in città e resto sorpreso perché non vedo più il Ciao.
Difficile spiegare ad un pischello di oggi cos’è stato per un “ragazzo di ieri “ il Ciao, ma un fatto è innegabile: è stato il ciclomotore italiano più venduto nel mondo con tre milioni e mezzo di esemplari. Mica pizza e fichi.

il ciao

Foto Paolo Carlini

SIMPLE AND EFFECTIVE

Che dire del Ciao? Viene messo sul mercato nel 1967, pesa 40 chili a secco e costa 54.000 lire, molto meno della metà di una Vespa.
Il Ciao è di una semplicità disarmante: il telaio in lamiera d’acciaio ricalca la forma di una bicicletta da donna, ha i pedali per farlo partire, il motore è un due tempi raffreddato ad aria, sospensioni ridicole, miscela al 2% e consuma poco, pochissimo, praticamente niente.
Questo capolavoro di ingegneria spartana resta in produzione per circa quarant’anni senza praticamente cambiare in niente, diventando l’utilitaria snob di tre (forse quattro ) generazioni .

il ciao

IL CIAO, UN MUST PER LE RAGAZZE, UN’ALTERNATIVA PER I RAGAZZI.

La caratteristica principale del Ciao era il suo spirito snob: oggi si direbbe “è chic e non impegna “. Pur essendo lo scooter più economico sul mercato, era il più ambito dalle pischelle di qualunque status sociale.
Per noi maschietti invece il gioco era diverso, prevaleva la “customizzazione”: quanti cavalli riuscivi a tirar fuori ad un chiodo che partiva da un cavallo e mezzo?

il ciao

PIMP MY CIAO

E lì si scatenava l’inferno, era il regno di Polini, Malossi, Giannelli, Pinasco e soci, con carburatori e scarichi regolarmente “fuori legge” , almeno fuori dai circuiti, ma noi li usavamo per andare a scuola e bruciare i semafori.
Con certi “kit” si arrivava oltre i cento all’ora: a ripensarci eravamo dei bei delinquenti e, se siamo sopravvissuti a quello, ma chi ci ammazza?

il ciao

DATECI UN CIAO 3.0

A questo punto una domanda sorge spontanea: visto il successo planetario della Vespa, perché non provarci anche col Ciao?

Il progetto dovrebbe essere quello di uno scooterino basic con una estetica e un telaio simile all’originale, con le ruote alte, meccanica elementare adeguata alle più recenti normative ecologiche.

Per tenere il prezzo basso, intorno ai 1000 euro, paragonabile alle poche lirette del ’67, lo si potrebbe produrre in India, come fanno ormai tante case motociclistiche per le loro entry level.

C’è anche un’altra possibilità, più affascinante: trasformare il Ciao in un mezzo totalmente ecologico, cioè elettrico, opzione che però farebbe lievitare di molto i costi. Oppure, studiandolo bene, in una specie di bici a pedalata assistita con batteria ricaricabile, ideale per la mobilità urbana.

Il resto lo farebbe il solito effetto nostalgia canaglia che ci frega sempre…d’altronde la mia prima fidanzatina si chiamava Maria, era alta, mora, riccia e aveva un Ciao bianco…

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