Solo noi ragazzi coi capelli grigi conosciamo Giovannino Guareschi ed è davvero un peccato, perchè è il miglior esempio di intellettuale ruvido e non allineato di tutto il ‘900 italiano.
Io sono un suo fan assoluto per merito di mia mamma, l’intellettuale di famiglia, che mi obbligò a leggere “lo Zibaldino“, una raccolta di suoi articoli, non sapendo che dai suoi libri non mi sarei più staccato per anni.
Tutti conoscono Don Camillo, nessuno il suo papà, che ha una grande storia da raccontare.
Nascere il primo maggio in una famiglia monarchica
Quando il destino ti indica una via, non ti resta che percorrerla contromano…
Giovannino nasce a Fontanelle, in piena Emilia socialista il 1º maggio 1908, in una famiglia piccolo-borghese. Il padre, un commerciante come me, era amico personale del sindacalista socialista riformista Giovanni Faraboli mentre la madre era maestra elementare cattolica e fervente monarchica.
Diciamo che diventi polemico e ti abitui ai conflitti già nella culla…
Lo mandano al convitto nazionale Maria Luigia di Parma, il liceo dei nobili, dove conosce Cesare Zavattini, suo futuro mentore, ma lo deve lasciare perchè il negozio del padre fallisce e non ci sono più soldi.
Finito il Classico si iscrive all’Università di Parma e per mantenersi agli studi si improvvisa giornalista presso la Gazzetta di Parma, cosa che gli permetterà di entrare, chiamato da Zavattini, nella redazione del Bertoldo, un giornale satirico parecchio scomodo in quegli anni di scarsa tolleranza verso l’opposizione.
Con lo scoppio delle ostilità entra nell’esercito, ma trova anche il modo di esternare delle feroci critiche personali a Benito Mussolini rischiando di essere spedito in Russia , ma la buona stella lo accompagna, risparmiandogli una bruttissima fine.
Sempre all’opposizione, sempre bastian contrario
È l’otto Settembre del 43 e il tenente Giovannini Guareschi del Regio Esercito si rifiuta di combattere con la Repubblica Sociale, per cui viene arrestato dai Tedeschi e si fa due annetti di campi di concentramento, tornando in Italia più morto che vivo ma con le balle che gli girano a mille…
Insieme a Giovanni Mosca e a Giacinto Mondaini fonda il Candido , una rivista satirica di ispirazione monarchica, attiva fino al 1957, che si distingue per la ferocia delle sue critiche rivolte soprattutto ai partiti della sinistra italiana, senza risparmiare gli altri, tanto per farsi voler bene da tutti.
Aggiungete pure la sua matita corrosiva di vignettista ed ecco a voi in nemico pubblico numero uno.
Un po’ come pubblicare Le Canard in Arabia Saudita, insomma.
In occasione del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 sostiene apertamente la monarchia e denuncia i brogli che secondo lui avevano ribaltato l’esito del voto.
Inoltre Giovannino si prende la briga di denunciare gli omicidi politici compiuti dai partigiani comunisti nel cosiddetto “triangolo della morte”: tombola…
Don Camillo e Peppone, fotografia di un’Italia migliore
Nel 1948 comincia la saga di Don Camillo, una serie di sei romanzi che costituisce una colonna portante dell’epica contemporanea dell’Italia post-bellica, insomma un’immagine in bianco e nero di un popolo uscito da una tragedia e in cerca di una nuova identità.
L’epopea dei due personaggi viene immortalata su celluloide (ebbene sì, su celluloide) con i volti di Gino Cervi e Fernandel, due maschere iconiche di un’Italia spaccata in due, un po’ come quella di oggi, ma dove i buoni sentimenti e le autentiche passioni politiche prevalevano sulla reale miseria delle macerie del delta del Po.
Ringrazio vivamente i programmatori di Rete 4 che mi offrono l’opportunità di rivedere periodicamente i sei film della collezione, che ormai conosco a memoria, ma che riescono ancora oggi a farmi spudoratamente ridere e piangere, come un bambino, quel bambino che si è divorato negli anni ’60 tutti i libri di Giovannino.
Giovannino Guareschi, giornalista vero
Motociclista, monarchico, cattolico, anticomunista, patriota, sanguigno, in estrema sintesi, ruvido e scomodo.
Uno così non è certo destinato ad una carriera facile: dalle colonne del Candido non risparmia le sue bordate a nessuno e difatti si becca ben due querele, addirittura da Alcide De Gasperi (presidente del Consiglio, democristiano di ferro) e Luigi Einaudi (vilipendio al Presidente della Repubblica).
Per questo motivo è l’unico giornalista italiano a finire in carcere (400 e passa giorni) per reati di opinione dal dopoguerra in poi.
Schiena dritta, non chiede sconti di pena o la grazia, tira dritto e quando esce continua nel segno dell’ opposizione al sistema, dando le dimissioni da Candido, in disaccordo con l’editore.
Tra numerosi veti e ostracismi collabora col Borghese e con La Notte di Nino Nutrizio, altra grandissima penna degli anni ’60, ma il carcere e prima ancora il lager hanno segnato il fisico di questo gigante (in ogni senso) del giornalismo italiano.
Muore stroncato da un infarto dimenticato vergognosamente dalla cultura di regime nel 1968, avvolto dal tricolore sabaudo e dal cordoglio di pochi ma scelti amici, quali Enzo Biagi, Giovanni Mosca, Enzo Ferrari e Nino Nutrizio.
Ancora oggi la “cultura” ufficiale parlando di lui storce il naso, bollandolo con l’etichetta di provinciale, mediocre e reazionario.
Giovannino non ti incazzare, Don Camillo e Peppone ti hanno reso famoso in tutto il mondo, tu resterai come una voce originale e coraggiosa del ‘900 italiano, dei poveretti che ti hanno boicottato farà giustizia la storia.
E scusate se mi viene da piangere…
“Non muoio neanche se mi ammazzano”
G.Guareschi
