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Sessant’anni di Fiat 500. Storia di un Mito

FIAT 500

Noi italiani (e mi metto anch’io nel gruppone) siamo fatti così: sempre esterofili e, tendenzialmente, lasciamo agli “altri ” il compito di riconoscere i nostri punti di eccellenza.

Cosi anche per le automobili, visto che i più accaniti collezionisti di italiane sono tutti all’estero.

C’è voluto un mezzo canadese (Marchionne) per riconoscere il  reale valore della Fiat 500 e ridargli il posto che gli spetta nella storia: la vetturetta che ha messo le quattro ruote agli Italiani nel secondo dopoguerra.

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FIAT 500

FIAT 500 UN NOME, UNA LEGGENDA

La Fiat 500 del 1957 in realtà era la “nuova” 500, in quanto la sua progenitrice, nel 1927, aveva ricoperto un ruolo ancora più impegnativo, cioè motorizzare la giovane Italia di Benito Mussolini e, con il simpatico (ma inviso al regime) soprannome di “Topolino” ci era ampiamente riuscita, motorizzando il popolo che non poteva permettersi Alfa Romeo e Lancia.

Nel 1957 la sfida era diversa: bisognava creare una vettura per tutti, quindi anche per il pubblico femminile che si affacciava alla modernità (!), per i giovani emigrati al nord oltre che rispondere ai problemi derivanti dalla crisi petrolifera (vedi il mio articolo sulla Mini): dopo la 600, si affacciava sulle scene un piccolo capolavoro, la “nuova Fiat 500”.

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FIAT 500

CINQUECENTO, LA MINI “DE NOALTRI”

Non per essere polemico a tutti i costi, ma nel ’57 la Fiat era un’azienda dinamica, che progettava automobili futuristiche, a volte visionarie e, comunque, con una grande personalità, come tutta l’industria italiana: erano gli albori dei luminosi (scusate l’enfasi, ma, quando ci vuole, ci vuole) anni ’60, quando il design si mise al servizio dell’industria e viceversa creando i capolavori che tutti voi conoscete, dalla Vespa alla Lettera 22, oltre che, naturalmente, la 500.

Ho già scritto del mio amore incondizionato per la Mini di Sir Alec Issigonis, ma devo riconoscere che la Fiat 500, come design, fu più originale, tentò una via nuova, se volete occhieggiando le linee futuriste del maggiolino di Ferdinand Porsche, creando comunque un icona originale che ancora oggi, persino nella versione “anabolizzata” di Marchionne, suscita simpatia al primo sguardo.

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FIAT 500

LA 500, DA AGNELLI AD ABARTH

La leggenda della 500 passa per alcuni punti nodali:

l’avvocato Gianni che ne aveva un esemplare fatto su misura e guidava nel parco della villa di famiglia, Giovannona Coscialunga, che nel mitico film degli anni ’70 ne possedeva una con orgoglio e, soprattutto, l’indimenticabile scorpione della scuderia Abarth.

Tutti noi ragazzi degli anni 60 ricordiamo con affetto e con un lieve subbuglio ormonale quell’emblema che, quando ornava il cofano di una Fiat (o Autobianchi..) significava prestazioni, potenza, marmitte aperte e testosterone a manetta.

Che cosa riuscissero a tirar fuori da quel bicilindrico raffreddato ad aria nell’officina di Carlo Abarth è un segreto anche per il diavolo, ma le Fiat 500 “kittate ” Abarth fecero dei figuroni persino al Nurburgring, rendendo orgogliosi i possessori (come me) di un bolide con lo scorpione.

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FIAT 500

LA 500 DEL TERZO MILLENNIO, LUXURY BRAND DEL GRUPPO FIAT

Prendete una 500 di ultima generazione e una degli anni ’60: la differenza più evidente sta nelle dimensioni, ma questo è ormai normale (basta confrontare l’attuale Porsche 911 con l’originale…): la gente è mediamente più alta e tutti vogliamo stare più comodi.

Quello che mi meraviglia è che un’auto nata per essere popolare e spartana (non aveva neanche i sedili posteriori e i cristalli anteriori erano fissi!) si sia trasformata nel “prodotto di lusso” della gamma Fiat, dando origine a mostruosità come la 500 L e 500 X, considerate a tutti gli effetti “premium cars”, quindi “roba da ricchi”…mah!

La risposta è una, semplice e sconfortante: l’unica buona idea rimasta in casa Fiat deriva dal passato, quando ancora si facevano automobili che suscitavano emozioni…e ora queste emozioni  le vogliono vendere bene, facendocele pagare a caro prezzo.

 

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