Gente Ruvida

Edwige, la dea dell’amore

edwige fenech

Chiamatela pure bellezza classica, chiamatela come volete, ma non toccatemi Edvige Fenech, la mora che fece sognare milioni di Italiani nei ruggenti anni’70.

edwige fenech

La dea dell’amore venuta dall’Africa

Anche se tutti noi consideriamo Edvige Fenech una de’ noantri, la Dea nasce in Algeria nel 1948, anche se delle signore non si dovrebbe mai dire l’età, ma lei è una dea,  quindi vale tutto.

Anche la prima sua apparizione sugli schermi è in un film francese di nessun conto, ma comunque vince il titolo di Lady Francia e si piazza terza a Lady Europa (non voglio neanche sapere chi erano le prime due…).

In questo contesto viene notato dalla nuova industria cinematografica italiana, quella post-realismo, per intenderci, della quale diventerà una colonna e un’icona.

edwige fenech

Gli anni 70, quando in Italia si facevano i film

Lo so, tranne rarissime eccezioni, i film  italiani di cassetta degli anni ’70 non è che fossero esattamente dei capolavori: non stiamo parlando ovviamente di Fellini e Antonioni…

Ma questi prodotti di onesto artigianato riempivano le sale (vi ricordate come erano fatte? si fumava, si entrava a spettacolo iniziato…) e davano da mangiare a tanta brava gente, oltre ad essere merce “da esportazione”.

È in questo panorama che la nostra Dea dell’Amore si trova catapultata, esordendo nel capolavoro “Samoa, la regina della Giungla” dell’indimenticata maestro Guido Malatesta.

Essendo la ragazza dotata di un certo acume, si trasferisce armi, bagagli e mamma nel nostro bel paese, che sarà il teatro naturale del suo splendore.

edwige fenech

Un’attrice per tutte le stagioni

I suoi primi  film  sono con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Don Franco e don Ciccio nell’anno della contestazione e Satiricosissimo (in cui interpreta l’imperatrice Poppea).

Tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta, recita in film gialli  come Lo strano vizio della signora Wardh, che la fanno diventare un’icona del giallo erotico.

La sua consacrazione avviene nel 1972 quando è protagonista del “decamerotico” Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda , pellicola divenuta un film di culto del cinema trash, come il successivo Giovannona Coscialunga disonorata con onore. Da allora per circa un decennio è protagonista  con tutti i suoi sotto-filoni: scolastico, militare, ospedaliero, poliziottesco. come 40 gradi all’ombra del lenzuolo   e La poliziotta fa carriera (in cui impersona una provocante poliziotta) del 1976, fino all’ultimo film della serie che è del 1981.

Oltre che nelle commedie sexy, negli anni ’70 la Dea è anche presente in numerosissime pellicole di genere thriller e horror: nel 1972 è protagonista di Tutti i colori del buio, mentre nel 1975 recita in Nude per l’assassino.

Edwige appare inoltre anche in film appartenenti in generi differenti da quelli citati finora: per esempio la pellicola di guerra Il grande attacco e il film fantastico Dottor Jekyll e gentile signora.

Edwige Fenech

L’icona sexy del cinema italiano

Se Gloria Guida per me rappresenta la bionditudine fatta donna, la moritudine (l’Accademia della Crusca mi perdonerà) è totalmente rappresentata da Edwige, che sopravvive benissimo alla fine di quel cinema che la rese celebre.

Dopo essere passata con prepotenza alle nascenti televisioni private negli anni ’80, approda   alla corte di Mediaset e  successivamente in Rai, dove le affidano Domenica In e addirittura un Sanremo mettendosi in bacheca pure un telegatto.

Passa infine dall’altra parte della barricata diventando produttrice di film e fiction di successo, fra i quali vale la pena ricordare un grande Mercante di Venezia con Al Pacino.

Come tutti sanno, il nostro cinema di quegli anni magici è stato riportato in auge da Quentin Tarantino che non ha mai nascosto una grande ammirazione per la Dea, dedicandole numerose citazioni e camei.

Ma io non ho bisogno che me lo spieghi Quentin…per me Edwige rappresenta un’epoca e un sogno di bellezza, un’idea di sensualità raffinata e nazional-popolare al tempo stesso, una Dea, appunto, ma della porta accanto.

edwige fenech

 

 

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